Cromoproteine
Oggi affrontiamo un argomento di carattere spiccatamente scientifico, cercherò di semplificare il più possibile i concetti, in modo da renderli comprensibili anche a chi non va molto d’accordo con la biologia.
In primo luogo occorre dare una definizione di cosa sia una proteina: grossa molecola formata da una catena di subunità (mattoncini) più piccole, dette amminoacidi. In natura esistono 22 amminoacidi che legandosi fra loro posso dare origine ad un numero infinito di proteine, con una lunghezza da poche decine a migliaia di amminoacidi. Le proteine svolgono infiniti ruoli all’interno degli organismi viventi, possono avere funzioni strutturali, protettive, di trasporto, di segnalazione e infine una categoria molto importante di proteine è quella degli enzimi, che però in questa sede non ci interessano.
Le cromoproteine sono proteine che hanno principalmente funzione protettiva e sono definite come proteine coniugate, ossia caratterizzate dal legame con un altro atomo o molecola di natura non proteica, ad esempio uno ione (Fe2+, K+, ecc). Proprio la presenza di questa particella coniugata conferisce alla proteina un particolare colore. Per dirla in maniera più corretta, la proteina assorbe parte dello spettro luminoso cui è sottoposta mentre l’intervallo di frequenze non assorbito viene riflesso, proprio queste frequenze riflesse sono responsabili del colore che noi percepiamo.
Facciamo un esempio pratico: una delle cromoproteine più diffuse è quella di colore verde, generalmente si trova complessata con il ferro ed assorbe tutte le frequenze dello spettro visibile, ad eccezione del verde che viene appunto riflesso. La tonalità di verde varia in base al modo in cui la catena della proteina si dispone attorno all’atomo di ferro ed anche in base alle frequenze predominanti della luce, generalmente le luci artificiali hanno picchi di emissione in corrispondenza del blu e del rosso.
La sintesi delle cromoproteine viene finemente regolata da meccanismi molto complessi che non discuteremo in questa sede, basti sapere che il tessuto dei coralli, o meglio le cellule che compongono il tessuto, possiedono particolari recettori in grado di percepire la luce ed altri parametri dell’acqua. Basandosi sui dati che riceve dall’ambiente circostante, il corallo è in grado di variare le proprie condizioni: grado di estroflessione dei polipi, rigonfiamento del tessuto, regolazione delle zooxantelle ed espressione di cromoproteine.
Le cromoproteine per essere pienamente funzionali necessitano di essere complessate con uno ione o più raramente con una molecola più grande, appare quindi chiaro che se l’acqua del nostro acquario risulta priva delle quantità minime di oligoelementi, i coralli non raggiungeranno mai colorazioni eccellenti. Di seguito riporto i principali elementi con cui vengono coniugate le cromoproteine (CP):
– ferro: CP verdi e gialle
– boro: CP rosse, rosa e viola
– iodio: CP blu e viola
– bromo: CP fluorescenti
– manganese: CP blu e rosse
Altri elementi risultano invece necessari per indurre o regolare il processo di sintesi delle proteine e sono generalmente responsabili di piccole alterazioni chimiche della catena, tali modifiche favoriscono il corretto ripiegamento della catena nella sua forma definitiva. Un esempio è costituito dal potassio.
Chiudo questo articolo ricordando ai lettori che ciò che noi chiamiamo corallo è in realtà una colonia formata da centinaia di polipi, interconnessi da strutture nervose che fanno della colonia un sistema complesso. In questa sede, con le debite approssimazioni, abbiamo paragonato la colonia ad un unico organismo.